Il castello di Roccavaldina

Il castello di Roccavaldina

 

Non è la prima volta che prendo il pullman per Messina ma a differenza delle altre volte per caso sono seduto sulla fila di sinistra. Non avevo previsto che sedendomi dalla parte opposta al mare non avrei goduto della vista della costa.

Dopo Letojanni, sulle colline, mi appaiono all’improvviso agglomerati immondi, centinaia di case affacciate tutte verso la vista del mare, dall’alto.

Centinaia di finestre chiuse. Le finestre chiuse una volta celavano case di tolleranza ( tolleranza? Tolleranza di che? Forse intendevano case tollerate)? Ora celano la fame di panorama, un panorama privato, un panorama comprato: lo ammireranno per poco, poi arriverà la noia, ( non si può vivere solo di panorama), chiuderanno le finestre e non torneranno più. Si sono sfamati, lasciano i loro alveari annegati nel silenzio dell’abbandono, che dimenticati si autodistruggeranno in un degrado progressivo: le colline fra non molto ci suggeriranno tutta la vergogna di chi ha permesso questo misfatto.

Intollerabile.

Ogni tanto appaiono case costruite alla fine dell’800, case di quando eravamo povera gente, gente di campagna, case che nonostante il tempo raccontano una dignità che la poltiglia costruita oggi sopra le colline nemmeno si sogna.

Sono così disgustato che non me la sento di fissare il mio disgusto nella mia digitale.

Il castello di Roccavaldina.

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Il prospetto è articolato secondo un asse di simmetria interrotta dal crollo della torre di destra.

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 Per fortuna il restauratore ha avuto la saggezza di non ripristinarla, in modo che l’incidente possa esporre la spazialità interna con la parte concava esposta verso di noi, una spazialità rivelata.

 

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L’intonaco è caduto, esternando il tessuto murario sottostante, rude, fortemente materico, colorato del colore della pietra del luogo, in armonia con la forza emanata dall’aspetto del castello.

Il castello nel paese (ma non solo) rappresentò per secoli il potere dei feudatari del territorio:

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 una struttura difensiva, inizialmente, poi con il correre degli anni, residenza principesca dei Valdina.

Giro l’angolo e mi trovo di fronte un corpo aggiunto,

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( 1) tessuto in una materia più raffinata e testimone di un altro tempo e di un’altra funzione, un prospetto elegante che non ha nulla a che fare con la severità di quanto è rimasto del castello.

Nel XVI secolo hanno tagliato il prospetto per inserirvi un loggiato interno coperto da volte a crociera,

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e non si sono fatti scrupolo di abbattere una delle mensole preesistenti

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costretti poi ad inserire nel cortile una scala monumentale.

 

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Le violenze accadevano anche allora, la severità del castello contrapposta ad un’eleganza rinascimentale,

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 la funzione della difesa trasformata in una compostezza decorativa estranea, il guerriero ficcato nel salotto.

 

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Il punto però non è questo, ma è lo stridore che ne risulta, non per un problema di coerenza, ma di armonia violentata.

 

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Chi decise di costruire il Duomo di Siracusa, obbedì all’intuizione di vestire quanto rimaneva di un tempio greco, dorico, rude, primitivo, con un’architettura barocca, fantasiosa, sfrenata, quasi irridente. Tutto avrebbe fatto prevedere che le due filosofie non avrebbero potuto equilibrarsi, invece il risultato è sconvolgente. Il Barocco potenziato dalla primitività delle colonne doriche, queste ultime rese ancora più austere dalla sfrenatezza del Barocco.

Ora, ecco, ora, mi viene in mente una storia, raccontata in un romanzo di grande successo, (2) dove una lady, raffinata, un poco annoiata, vede e poi incontra un guardiacaccia. Una lady disinvolta nei salotti e un guardiacaccia, uomo che, solo, vive nella campagna, alberi, silenzio, animali. Si incontrano e si innamorano, perdendosi, fusi l’uno nell’altro, trasformandosi pericolosamente.

Dopo, il guardiacaccia non sarà più solo un guardiacaccia e la lady non sarà più solo una lady.

E’ un’armonia che anche in architettura si raggiunge quando gli spazi, le diverse funzioni , le diverse filosofie, i tempi, si fondono, l’uno nell’altro, si innamorano l’uno dell’altro diventando incanto.

Invece il castello di Roccavaldina è rimasto un’architettura militare e la residenza principesca dei Valdina

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 non si arricchisce delle preesistenze militari.

 

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Il guardiacaccia è rimasto solo un guardiacaccia e la lady rimane la solita annoiata frequentatrice di salotti.

Siamo testimoni oggi di architetture del passato, riusate poi con funzioni diverse, in tempi diversi, eppure le loro spazialità non sono violentate dagli arredi a noi contemporanei, anzi ne sono un affascinante completamento, un dialogo fra stili e fruitori, un riuso senza demolizioni, senza fratture, senza violenze che qui invece negli anni sono state inferte senza rispetto alcuno.

Due estranei condannati a vivere insieme.

Mi viene spontaneo il paragone con lo stupro che mi ha colpito durante il viaggio in pullman.

Le violenze le perpetravano anche nel passato ma la differenza è che quelle di oggi, provocano l’orrore di abbrutimento di un intero territorio.

  1. (1)- L’assonometria è tratta da un opuscolo della proloco di Spatafora e dell’Istituto Italiano dei Castelli, delegazione di Messina.

(2 ) - L’amante di lady Chatterley di D.H. Lawrence ( 1928)