12 Febbraio-Il monumento ai caduti

A proposito dell’articolo di Carmelo Strano sul Monumento ai Caduti.
 Pubblicato sul giornale La Sicilia 12 Febbraio 2008
 
Forse dovremmo lasciarlo così, non più un Monumento ai Caduti, ma un monumento a quanto di noi è caduto. Quanto è rimasto delle nostre illusioni, dei nostri convincimenti, della speranza nella lungimiranza, nella certezza che l'ascolto del tempo che sta per venire, possa dare alla città realizzazioni rivelatrici.
Un monumento che ci assicura che hanno avuto ragione loro, quelli che l'hanno sfottuto per anni, un'Architettura che doveva essere esemplare, forme nuove, contro l'Accademia che trucca la noia, l'ovvio, la banalità con la maschera dell’essenziale, del rigore, con la scemenza del 'minimo che è anche troppo”.
Marino è morto in tempo addirittura prima di dirigere il cantiere del suo progetto, in tempo per non vedere trasformato il suo monumento nel simbolo della genuflessione nel confronto del passato, la paura del nuovo,l'esistente come rifugio, il rifiuto vile dell'avventura.
E l'hanno sfregiato, macchiato, luogo di tedio, di tossicomani, di sfregio, di disprezzo.
I nostri uomini di potere viaggiano ( anche perché non pagano), attraversano il mondo, senza capire, senza guardare, senza imparare, senza stupirsi. Dovrebbero tornare con la sete dell'emulazione, trasformare la città che rappresentano, non l'hanno fatto perché non hanno capito, non hanno visto, non hanno avuto il coraggio di sfidare la concezione presepiale dell’Architettura che nella testimonianza di Marino diventa Arte. Il suo monumento era troppo diverso dai compitini dei suoi colleghi, così perfettini, ritagliati nella carta a quadretti, e l'hanno rifatto, ridotto, umiliato.
Fotografiamolo com'è e trasformiamolo in un distintivo. Noi che ci abbiamo creduto perché siamo i migliori lo porteremo, non per ricordare i morti caduti in guerra, ma i morti che siamo diventati. Fateci pure la pipì, ognuno dialoga con l'arte come può.
Ivo Celeschi