Dalla Qualità alla Bellezza nell'Architettura percepita.

 

 

Non è solo un problema degli architetti:  da una parte siamo combattuti da una voglia di tradizione, o peggio di conservazione, e nello stesso tempo siamo attratti dalla possibilità dell’innovazione, con soluzioni più efficienti, sorprendenti, portatrici di esperienze e possibilità nuove che annullano quelle del passato, o le sostituiscono, o le migliorano.

 Siamo  troppo legati oggi, troppo complessati  dalla nostalgia del passato, troppo insospettiti, allarmati dal nuovo, sconosciuto, inesplorato, pericoloso?

 Perché tutte le agenzie di viaggio organizzano solo visite nell’antico, accontentando un richiamo che da sempre ci ha affascinato?

Ho sfogliato un saggio di Umberto Eco, anche lui , come noi stasera, alla ricerca della bellezza, della sua storia.

 Non è per caso, la bellezza, fascino? Di che? Della patina del tempo, dei messaggi intrisi dal mistero che ci viene da epoche lontane, diverse dalle nostre, di realizzazioni costruite con materiali, decorazioni, colori, cornici, trabeazioni, colonne, ingressi, cortili, spazi, che oggi non sono più adeguati… a cosa? Alla nostra fretta, economia, mentalità, insicurezza? Cosa è che ci affascina, il coraggio delle loro realizzazioni, immaginate prima e realizzate poi con mezzi che a noi oggi sembrano spaventosamente inadeguati? L’aristocrazia dei loro valori?

 

 Un mondo quello in cui una chiesa era indiscutibilmente luogo di Dio.

 

 Dio.

 Nella storia dell’Architettura Dio non è mai stato lo stesso, alcune volte il contrario dell’epoca precedente: lo abbiamo sempre adeguato ai tempi della nostra storia.

Vogliamo fare qualche esempio? L’architettura gotica conteneva un Dio giudice, irraggiungibile, magnifico, vendicativo, tanto, infinitamente più grande di noi. Se entriamo in una chiesa gotica, siamo, nei confronti dello spazio in cui siamo entrati, piccoli, piccole nullità di fronte a Dio, un anelito disperato. Le nostre preghiere si snodavano insieme ai nostri sguardi lungo le nervature dei pilastri, delle volte, per arrampicarsi lassù molto in alto, un alto irraggiungibile. Ma era ammirazione, incanto. Sempre, lo è ancora. Per molti  di noi Dio è morto, gli spazi sacri non sono riempiti dalle nostre preghiere, ma dai flash delle nostre digitali, che ci aiutano a portare a casa i ricordi delle nostra ammirazione. Lo sentiamo ancora il palpito di quegli spazi, che descrivevano , ci  indicavano un Dio di cui oggi non sentiamo più la necessità, un Dio che 1000 anni fa sono riusciti ad a rappresentare.

 

Forse la bellezza è purezza, incontaminazione, consequenzialità, un’ armonia priva di contrasti.

 

Ma se così è, perché ammiriamo tanto il Duomo di Siracusa  ? Bellezza come assenza di contrasti?  Una somma di strutture di epoche infinitamente lontana l’una dall’altra: il Dorico, primitivo, semplice,dal linguaggio diretto, ruvido, vigoroso, composto con il Barocco, elegante, fastoso, inventivo,  libero, una libertà al limite della sfrenatezza. Un totale

fatto di linguaggi del tutto diversi, anzi opposti. Severità contro il fasto, semplicità contro complessità, limite contro il sogno dell’avventura, la più libera, la più immaginifica. Una totalità che si è composta in uno straordinario spazio sacro, in

un intero.

Due linguaggi grandi, la grandezza priva di complicazioni, delle idee certe del Dorico e la straordinaria scoperta del dubbio del Barocco.

 

La Badia di Sant’Agata a Cataia è un capolavoro, ma rappresenta, ne sono certo,  la scena di un Dio diverso: si sentono i 500 anni di distanza dal Gotico, un Dio vicino, in ascolto, grande e nello stesso tempo  pronto a consolarmi. In quel prospetto Dio è Gesù che ha voluto da Dio diventare uomo per capire, per essere come noi, con le nostre sconfitte, tradimenti, delusioni, lacrime.

 

Forse la bellezza è rivelazione.

 

 Per questo mentre scrivevo questi appunti, pieni di punti interrogativi sono stato attratto, convinto dall’espressione  scelta:

Percezione.

Percepiamo un’assonanza fatta di mille cose, ombre, segni, messaggi, spazi, la reazione del disegno di un prospetto, alla luce del sole, il comporsi di pieni e di vuoti, intonaco e pietra, però tutto in accordo con quello che vogliamo dire, come siamo, come siamo diventati e come vogliamo cambiare,  il racconto,  la trasmissione di un valore, di una ribellione, che vogliamo che ci riempia, di cui sentiamo la forza.

 

Forse per capire la bellezza, bisognerebbe capire la bruttezza. Cosa è brutto? Tutto quello che istintivamente si rivolta in noi, contro di noi, rifiuto. Alcuni spazi di alcune periferie, alcune soluzioni urbanistiche di Le Corbusier, l’indifferenza al limite del cinismo con cui è stata progettata Gibellina dopo il terremoto, il degrado della bruttezza, il conseguente abbrutimento della gente che la abita, costretta com’è a viverci dentro.

E’ per questo che sono irritato contro gli imbruttitori? Quanti imbruttitori ci sono a Catania, 50,100?  che approfittano degli sbadigli di tutti coloro che dovrebbero custodire i grandi valori della storia, per imbrattare con le loro bombolette, Vaccarini, l’aristocrazia architettonica di Via dei Crociferi, del nostro Centro Storico, l’arredo urbano dello spazio cittadino che gravita intorno al Teatro Massimo.

 Forse la bellezza è misurata dall’irritazione che ci sconvolge quando ci troviamo di fronte a parti della città che dovrebbero essere sacre e sono invece rese irriconoscibili.

 

L’architettura, la grande architettura spesso è scaturita da sentimenti di rottura, di ribellione, dal presagio del tempo che sta per venire: ma pur essendo indiscutibilmente grande architettura, può essere definita bella? La ville Savoy è bella o è soprattutto il risultato un risultato di  ragionamenti semplici portati alle estreme conseguenze?

La rivoluzione di Rodgers e Renzo Piano attuata con il Museo Pompidou, non è al contrario il risultato di una rivolta contro il bello per antonomasia? Lo spazio sfruttato, esponendo, sfrattando verso l’esterno tutto quello che non era destinato a contenere arte, destinato  nello stesso tempo a farlo funzionare, impianti, condutture, strutture, tutto  fuori, esposto, in modo che tutto il resto della superficie fosse del tutto libero.

 

 Una ricerca del bello snobbata.

 

 E’ questo il bello, o è solo amore per la verità, per  il contenuto, per il disinteresse totale per tutto quello che non è funzione?

E’ sentire il tempo, la filosofia del periodo che attraversiamo.

Se il Dio del momento è un giudice, quasi irraggiungibile per la sua grandezza, l’architetto progetterà uno spazio in cui l’uomo si sentirà piccolo, indifeso, miserabile, annientato.

Se un fascio di impianti, elettrico, condizionamento, idraulico, migliaia di metri di cavi, tubi, condutture, occupano spazio prezioso, queste vengono estromesse addirittura sul prospetto dallo spazio espositivo del Beaubourg, ed il risultato è condotto sul filo di un totale disinteresse per il valore della bellezza.

 

La storia della bruttezza cominciò così, con la rivoluzione de “la decorazione è un delitto”? che ci entusiasmò, che segnò un momento magico perché rivoluzionario della storia dell’Architettura, fu un momento magico anche per  la speculazione, che capì immediatamente, che con costi infinitamente ridotti avrebbe potuto ricavare utili molto più alti.

 

Dopo circa 15 anni dal conseguimento della mia laurea, si scatenò il ’68 che emotivamente mi travolse, perché allora mi sembrò bellissimo che i giovani, in primo piano gli studenti di Architettura, contestassero il mondo della scuola, progettandone un'altro.

 Sono passati 40 anni, e ora possiamo esaminare alla luce di oggi, alcune sicurezze di allora. Affermare che l’Architettura era o poteva essere Arte, era contestato, l’Architettura era solo servizio, funzione, utilità necessaria. Ne ero convinto allora,

( guai ad innamorarsi dei valori di una rivoluzione ), non sono convinto ora. Sono certo che l’Architettura possa avere il diritto (episodicamente?) di essere Arte.

 Se è così, allora parlare di bellezza, diviene ancora più complicato.

 L’urlo di Munch è bello? Rembrandt quando si ritrasse senza pietà all’età di 62 anni dipinse un ritratto bello? E l’autoritratto di Van Gogh con l’orecchio tagliato è bello? E l’autoritratto che Picasso dipinse alla fine della sua vita è bello, e la solitudine metropolitana di Hopper, le sculture di Alberto Giacometti, le angosce di Sironi, i film di Antonioni e di Pasolini, i libri di Emilio Zola, gli scritti di Pirandello, Verga, Moravia, Elsa Morante, Cioran possono sicuramente definirsi Arte ma l’aggettivo bello mi pare del tutto approssimativo. O fuorviante.

 Un mio collega, quando insegnavo all’Accademia, mi disse a proposito che avrebbe chiesto ai suoi allievi di togliere dal loro vocabolario la parola bello e sostituirla con altre diversamente descrittive: sensazione, fremito, comprensione, analisi, percezione.

La pronunziamo troppo questa parola:

 “ Come era il mare?” – bello,

 “ Com’ è l’acqua ?” bellissima,

 “ Sei stato in Egitto come è andata?” – bellissimo

  “ Hai visto il film  Otto e mezzo?” – bello.

 

Non ci innamoriamo delle donne perché sono belle. La donna dipinta ed amata di Schiele non è bella, è erotica, e il suo erotismo è fortissimo proprio perché il suo corpo non è perfetto, e così la donna di Cranach etc.

 

Nel libro di Oscar Wilde, il ritratto di Dorian Gray, Lord  Wotton dice al pittore Hallward:” E’ il quadro più bello che tu abbia mai fatto, lo devi dare alle migliori gallerie di arte di Londra”. E Hallward risponde:” No non lo mando in nessun posto. Perché gli risponde Wotton. Perchè “I have  put  too  much of  myself  into  this  painting “.

  Ecco. L’opera d’Arte e di conseguenza l’Architettura è un mettersi a nudo, fare diventare cosa, un ideale, un convincimento, una ribellione, una preghiera, un amore.

Una signora tempo fa mi disse che l’uomo è il cancro della terra. E’ vero, un mare sporco di petrolio, Hiroschima e Nagasaki, lo sterminio degli ebrei,centinaia di moschee distrutte a Palermo, un infinito di orrori.

Ma non siamo solo questo.

 Abbiamo costruito opere meravigliose, che un giorno non ci saranno più, e costruendole lo sapevamo e lo sappiamo ma continuiamo a progettarle e costruirle, vestendo i nostri sogni, con strutture, spazi, arte che sono la storia più bella della terra.

 Follemente, come solo gli artisti sanno fare.

 

Conversazione tenuta nella sede del Collegio Cutelli, il 25 Maggio 2010, per il convegno a cura dell’Associazione Morphosis GiArch Catania e dell’Associazione Polena di Giarre.