Visti da vicino

 

 
 
 

Visti da vicino

Pubblicato da Welcome semestrale per la progettazione e il design.

Forlì - Ottobre 2002

 
Decine di opere d’arte e 7000 libri fuori commercio sono il patrimonio dell’ex chiesa di San Michele Minore, oggi biblioteca e sala concerti arredata con prodotti Castelli. Welcome ne parla in esclusiva con l’Architetto Celeschi, progettista di questo intervento.
 

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L’ex chiesa di San Michele Minore in piazza Manganelli è oggi una preziosa istituzione per la città di Catania e più in generale per tutto il mondo della cultura, dove sono conservati ritratti e autoritratti di grandi autori di questi ultimi 50 anni e 7000 volumi fuori commercio. Tali opere sono state donate dal pittore ed incisore Nunzio Sciavarrello, classe 1918 Medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica perché “Benemerito della Cultura e dell’Arte”.

Per riportare all’antico splendore questo edificio, che ha trasformato un devastante periodo di abbandono, la Provincia di Catania ha affidato l’incarico* all’Architetto Ivo Celeschi, al quale era stato richiesto di ricavare all’interno dell’ex chiesa spazi per una pinacoteca, una biblioteca, e una sala riunioni.
Welcome, in esclusiva per questo numero, ha incontrato l’Architetto, che ha illustrato gli interventi principali del restauro e ha spiegato la valenza dei prodotti Castelli all’interno di questo contesto.
 
Architetto Celeschi, potrebbe esporre ai lettori di Welcome qualche tratto del suo curriculum?
 
Sono nato a Tripoli nel 1932 e faccio l’architetto da quasi 40 anni, Ho portato a termine tra l’altro, il restauro e il cambio di destinazione d’uso del Castello Leucatia * a Catania e della chiesa di San Nicolò a Mascalucia ( Ct) . Ho realizzato i monumenti a San Giovanni Formisano, al venerabile Capizzi e a San Giovanni Bosco, oltre a svolgere alcuni lavori di arredo urbano per conto del Comune di Catania. Sono titolare della cattedra di Restauro presso l’Accademia di Belli Arti di Catania. Il mio studio è in via Cifali n. 12, sempre a Catania.
 
L’intervento in San Michele Minore è significativo sotto molteplici aspetti. Può darcene qualche nozione storica?
 
Dopo il terremoto che nel 1693 distrusse la città, la chiesa di San Michele Minore fu fra le prime chiese ad essere ricostruita, e venne aperta al culto nel 1697. Nel secolo scorso ha attraversato varie vicissitudini, fino ad essere acquistata a metà degli anni ’90 dalla Provincia Regionale di Catania,che subito dopo mi affidò l’incarico di restaurarla.
 
 
 
 
 
 
 
 
Può illustrarci come ha risolto le principali problematiche che poneva questo restauro?
 

La chiesa ha soltanto una navata: dovevo quindi organizzare e suddividere spazi con funzionalità diverse muovendomi in un unico ambiente. Nell’ ex sagrestia ho collocato la biblioteca ricavando anche un vano per il bibliotecario. Sulle pareti della navata ho esposto le opere d’arte e, idealmente separate dalla discesa alla cripta, ho proposto nella spazio restante una sala lettura e un ambiente per conferenze e concerti, che ho arredato con sedute su barra modello “Templum” della Castelli.

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Abbiamo portato a termine l’operazione di pulitura delle decorazioni, dove queste non erano scomparse, denunziando nello stesso tempo le lacune e gli stucchi perduti sulla volta e lungo l’arco trionfale attraverso la riproduzione delle loro impronte in una tinta neutra, che si integra pittoricamente a quanto nel passato non è andato distrutto.

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La superficie calpestabile della cripta, che era in terra battuta, l’abbiamo mescolata con del cemento, ottenendo un pavimento fruibile. Una botola in pietra lavica che chiudeva un passaggio fra il pavimento della chiesa e lo spazio sottostante della cripta è stata sostituita da una lastra di vetro calpestabile, creando così un’ interspaziabilità visiva tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti.

 
 
La Castelli annovera notoriamente un’ampia gamma di prodotti. Perchè ha scelto per tale contesto questa specifica tipologia di sedute?
 
 

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Ho puntato sulla serie “Templum” per il suo disegno inconfondibilmente moderno. Sono convinto infatti che ogni intervento di restauro deve accusare il tempo in cui viene effettuato, rendendo evidente( senza però creare lacerazioni ) la differenza tra ciò che ciò che si integra e ciò che è originale.

Il preesistente, testimone del passato, è stato conservato, gli arredi ( porte, scrivanie, librerie, etc.) sono stati realizzati su disegno in modo che si autenticassero nettamente nel presente.
 
 
Dalle sue affermazioni, ci sembra di intuire che esistono ancora ampi margini per la fantasia e l’invenzione in architettura. E’ così?
 
All’Università ci hanno insegnato che se un oggetto di design funziona è conseguentemente bello: è un’affermazione falsa, e sono convinto che un architetto possa avere l’aspirazione ad essere un artista ( se lo è ) , anche se è una convinzione spesso commentata e condannata con sarcasmo.
Il passato ci insegna che un oggetto o un architettura, anche se disegnati da un architetto, possono essere ammirevoli oggetti d’arte. Le fesserie di una monotonia scellerata che in buona parte sono state progettate e costruite in questi ultimi 50 anni, con la mentalità della forma consequenziale alla funzione o del “minimo che è anche troppo”, sono il segno di una barbarie architettonica che io rinnego.
Il minimo non è troppo, per me il molto è troppo poco: amo l’eccesso, detesto tutto ciò che è scontato, detesto la noia.