Architects meeting. Selinunte settima edizione.
Non c’ero mai stato. Ho pensato: ci vado in macchina, se mi annoio mi faccio un giro in quella parte dell’isola. Tre giorni. Ho passato tre giorni che mi sono rimasti nella memoria per quanto sono stati belli. Appassionante. Quanti eravamo? 70? 80? Ottanta architetti, del Vietnam, Spagna, Francia, Olanda, tutta l’Italia da nord a sud, decine di proiezioni, video di architetture, piccoli e grandi capolavori…da quanto tempo era che non parlavo di progetti? Quanti anni? Mi ero rassegnato al vuoto dell’Ordine degli architetti della mia città, alla prudente mentalità del “chi me lo fa fare” dei sindacati degli architetti, alle riunioni-salottino dell’Inarch. Di loro, a Selinunte non c’era nessuno.
Architetti medici di città, di quartieri malati, in invenzioni creative, decine di giovani che non si sono fatti appassire dalla crisi, dalle emigrazioni intellettuali, entusiasti invece di stare insieme, di credere ancora, sempre, nella bellezza della nostra professione, di resistere al boicottaggio che si perpetua contro di noi dai fondamentalismi degli ambientalisti. Lo stupore che ho provato nel rendermi conto che il rapporto uomo-donna è diventato fra i giovani disinvolto, cameratesco, scomplessato.
Ci siamo riuniti sempre nel “Baglio Florio” e per raggiungerlo dovevamo percorrere a piedi lo spazio archeologico. Sfioravamo il tempio E. Un’apparizione, non per quello che rappresenta ma per quello che è, gli intercolumni che sono come spiragli pieni di cielo, di ombre, il mare lontano. Nel tardo pomeriggio sembrava che il tempio succhiasse l’ultima luce del giorno, una luce pennellata.
In un pomeriggio abbiamo assistito ad una rievocazione dell’episodio dell’Odissea, Ulisse-Polifemo. Un attore (Balsamo) lo ha interpretato da solo, in dialetto strettissimo, Polifemo accecato da Ulisse è stato raccontato da latrati di dolore che echeggiavano nel vento, il tempio E come sfondo, un poco di nuvole spinte: indimenticabile.
Spero di tornarci ancora, nel prossimo anno, per rivivere un’aria di partecipazione che avevo perduto.
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