Zitto sta zitto.

 
 
E' il silenzio oggi che invade tutto, per le strade non c'è nessuno, gente strana, vecchi soli, la città sempre la stessa, qualche macchina, il Teatro Massimo insaccato fra un palazzo e l’altro.
 Rabarama in un'esposizione di sculture nella piazza di fronte al teatro, trasmette le sue inquietudini in strani personaggi, presi da una consapevolezza che scolora di angoscia i loro occhi, i corpi inguainati da moduli, le labbra carnose. Mariti, mogli, figli, si fotografano sullo sfondo di tanta tristezza incompresa, sorrisi, risate, pose.
 
Pronto? Geometra! Di Domenica! No, no, certo! E dove? In campagna!? Ma lei una casa... quando vuole, no domani non posso, Mercoledì mattina lei può lasciare?Alle 10, d'accordo.
 
Le elezioni amministrative si sono concluse da poco, si è alzato il vento, mi soffia la faccia, i manifesti appiccicati uno sull'altro, scollati in parte, sbattono, per fortuna è finita, anche loro sono sorridenti, dopo di loro cambierà tutto, dopo la città tornerà ad essere senza di loro, una città piena di un passato che è restato, il sole se ne sta andando, solo  le cupole sono piene di sole, solo loro, così alte, lontane.
 
Sono io, mi apri? Faccio le scale a piedi.
 La mattina mi sveglio e ringrazio Dio di cavarmela da sola,
ora è inchiodata sul letto da un anno, mi saluta, il letto puzza di urina, non riesce più a sopportare la dentiera, la bocca svuotata le trasforma le labbra in una specie di ciuccio storto, i capelli spettinati, non ci sente quasi più, la televisione sempre accesa, da una parte il viso immoto di una vecchia e dall'altra tutti questi stronzi che ridono perché di Domenica la televisione deve essere ridente, l'allegria dei fessi di fronte ad una vecchia che vorrebbe morire, che ha paura di morire, ha la camicia di notte appena rosata con le guarnizioni color sabbia con cui cercava tanti anni fa di sedurre il marito, sorrido anch'io, parlo, racconto, bestia come la tv, forse non mi sente, non capisce, annuisce, sorride, ti senti meno sola ora nonna? Me ne vado, le bacio la fronte, lei mi stringe la mano trattenendomi con le sue, la guardo, sorrido ancora, le sfuggo. Non so perché sono qui ogni Domenica, non le porto conforto, io per lei sono solo l'ex marito della figlia, c'era il suo sorriso in un ritratto di sposa con il marito, morto languendo in un letto come lei, sembrava una bambina alla sua prima comunione, un sorriso intimidito, un matrimonio è una cosa troppo grande per una bambina, ha sempre avuto paura della vita, torno a casa .
Quando toccherà a me non avrò mani da afferrare.
 
 I nostri figli ci offrono i loro sbadigli, sono un'assenza senza speranza. La figlia si sposa e lui le compra una casa, chiama l’architetto per farla bellissima, in cambio di niente. I siciliani sono così, i figli hanno la loro vita, i padri ne sono fuori, ma come ciechi corrono affannati per dare, pieni di amore, pieni di amaro, soli.
 
 C’era anche mia moglie con sua madre, spiritosa, un torrente di aneddoti, bella, elegante, io guardavo il tappeto, sua madre guardava lei.
 Anche le sculture di Rabarama guardavano, guardavano fissi niente, l'espressione rattristata di chi  ha capito troppo.
 
Metro, rullina, macchina fotografica, blocco degli appunti, me ne posso andare, dall'autostrada alla mia sinistra c'è l'Etna innevata, le sono passato davanti cento volte, e cento volte mi riempio di lei, così   solitaria e regale, non me ne stanco mai.
La solita fila, semafori, la piazza davanti al Municipio è quasi vuota.
Geometra sono qui, qui sotto, ho parcheggiato da pochi minuti, se vuole posso aspettare, o salgo?
Le scale, i municipi sono sempre pieni di scale, di scale e di gente, tecnici, impresari, assessori, sindaci, portaborse, impiegati, porte chiuse e sporche, stanze vuote, entro, permesso?
 Architetto! Entri, riferisco che lei è qui, bussa, apre, si affaccia, si accomodi un attimo, la riceve subito.
 Grazie.
Un giovane con la barba lunga, gli occhi arrossati, si agita fra la calcolatrice, il computer, e fogli, analisi?computi?relazioni? Ho pena per la rassegnazione con cui digita la calcolatrice, spunta con la matita i fogli pieni di cifre incolonnate, stanco, assente, le mani magre corrono da sole, le unghie nere, i polpastrelli colorati di nicotina, la stanchezza, il disgusto gli segna la faccia, suona il citofono,
architetto entri, mi apre la porta entro, non è solo, il geometra lo saluta
 Posso stare tranquillo?
Vada tranquillo, farò tutto quanto deve essere fatto.
Si stringono la mano.
 Siamo  soli ora, tende la mano anche a me, mette in ordine carte e timbri, senza fiatare tira fuori una pianta, la stende sulla scrivania,
mia figlia si sposa e vorrebbe stare in una casa lontana dalla città. Si è innamorata di questa, anzi aspetti, ho fatto un po' di fotografie,
me le porge una alla volta, una vecchia casa di campagna dell'800, bellissima, un grande cortile, il pozzo al centro, le aperture ad arco, ornate da fasce scolpite di pietra lavica, due rampe salgono verso  l'ingresso decorato da pietra arenaria scolpita, una casa piena di memorie, all’interno il  palmento intatto.
 Dovremmo vederla.
Non mi ha detto come le pare.
Straordinaria, una Sicilia perduta, se lei l'ha comprata come spero, regala a sua figlia una casa che in città non avrebbe mai trovato. Se la restaura senza violentarla restituiamo alla campagna il fascino di un passato che abbiamo distrutto. Il palmento è  intatto come sembra dalle fotografie?
Mi porge un'altra fotografia probabilmente fatta con un grandangolo molto spinto, compenetrazioni spaziali pieni di ombre, le capriate in alto stagliate contro il cielo che trapela dal tetto in parte caduto.
Bene, sono contento che le sia piaciuto, a dire la verità l'avevo previsto, ci andiamo subito.
Chiude a chiave alcune carte, controlla i timbri, si ferma un attimo, esamina la pianta che ha inchiodato sul muro, la guarda a lungo, la studia, mi scusi un attimo, prende la calcolatrice, con una squadra prende delle misure, fa  conti, appunta il risultato sulla pianta, la scala è  probabilmente 1/1000.
 C'è il sole fuori, dopo pochi minuti siamo fuori dell'abitato, viaggiamo su una stradina di campagna stretta, sembra primavera, i muretti in pietra lavica che ormai non delimitano più niente, i fichi d’india ramificati, grandi, sporchi di polvere, gli agrumeti abbandonati, non passa nessuno, non incrociamo nessuno, il calore del sole in inverno sulla pelle, qualche casa abbandonata, vuota, i tetti caduti, un cielo quasi blu, mi lascio andare al piacere di non guidare.
 
Mi stanco. Di tutto, di tutto, di fottere, di mangiare, mi trascino al tavolo da disegno, progetto con l'unico intento di liberarmene, gli appuntamenti, i cantieri, mi abbandono nel calore di questa giornata di sole, e lui parla, parla, gli alberi,  le poche case diroccate mi sfilano davanti, mentre mi godo la mia momentanea inutilità, non c'è bisogno di me, finalmente.
 La macchina rallenta, siamo arrivati, scende, apre il cancello avvolto da catene e lucchetti, esco dalla macchina, il pavimento in basole di pietra lavica montate in un disegno radiale accentua la centralità del pozzo, un mondo dimenticato, gli infissi dissestati, l'espressione mostruosa di una maschera scolpita in pietra lavica nella chiave dell'arco di ingresso, le tegole macchiate di muschio, i capelvenere che invadono le scale fra un gradino ed un altro, le cerniere in ferro ritagliate in un disegno fantasioso, il geometra tira fuori dalla borsa una chiave di mezzo chilo e apre, insegno restauro da 20 anni e sono attratto dal  degrado, le ragnatele, i piccioni volano fra le capriate, la carta da parato macchiata dal tempo, qui dentro sento la vita di altri, miserie, parole, vita, vita trasformata, lasciata in questi spazi, la pioggia è caduta direttamente sulla volta, è scivolata sulla sua base di appoggio, salvando in buona parte l'affresco che lo decora, si sente l'eco dei nostri passi,  una vecchia cucina, il rivestimento in ceramica a disegni blu, sono uno spettatore che ascolta un passato che mi parla dei rumori di chi non c'è più. Mischio me stesso in queste memorie abbandonate, il camino con ancora i segni del fuoco, un divano stracciato che non ha voluto rubare nessuno, mi abbandono anch' io, come in un ritorno.
 
 L'aria della campagna mi ubriaca, spossato sul mio divano,non riesco ad alzarmi, paralizzato, le gambe come morte, mi guardo intorno, guardo l'orologio e il giornale che mi è scivolato dalla faccia, mi riprometto di non muovermi per 10 minuti, sono le tre meno dieci, giuro che alle 3 mi alzo e invece il portatile squilla un messaggio: mi strappo dalla mia pigrizia solo per leggere l'offerta ( solo per me ) di 100 minuti per chiamare i telefoni fissi per 30 giorni in cambio delle solite fesserie,  torno a sdraiarmi. Con una superficie di 200 metri quadrati, ridotta com'è, forse sarebbe il caso di fare un po' di conti, ma possibile che con l'esperienza che ha non se li sia già fatti? D'accordo si sta precipitando per dare una casa alla figlia, ma non può farsi delle illusioni, secondo me se ne vanno non meno di 250, 300.000 euro. Progettualmente il lavoro è facile, debbo solo curare il restauro che deve essere meno invasivo possibile, probabilmente il tetto deve essere smontato, applicare l'onduline, le tegole debbono essere raschiate, dell'isolamento termico non ce ne è bisogno perché il vuoto fra il tetto e le volte è più che sufficiente, debbo solo stare attento che questo vuoto abbia un ricambio continuo di aria, speriamo che la figlia, con questa maledetta fissazione della pulizia facile, non voglia cambiare il pavimento della zona notte, un cotto come quello, così invecchiato dove lo trova. E' la parete che divide il palmento dal resto della casa l'occasione più interessante del lavoro, d'accordo la parete è portante, ma attraverso il vuoto che si è verificato dopo il crollo, posso fare in modo  che la scenografia di una struttura destinata a fare il vino, possa essere vista da tutta la zona giorno, se riesco ad inserire una struttura metallica, facendola sparire nello spessore del muro, isolo i due spazi con un vetro stratificato di 25 millimetri, progetto l'impianto elettrico in modo che illuminando il soggiorno si accendano anche le luci del palmento e avrò una scena che si manifesterà in trasparenza, uno spettacolo che animerà  un effetto di sfondamento  rivelatore.
Ora ce la faccio ad alzarmi, per miracolo non metto il piede sulla dentiera che ho buttato sul tappeto prima di addormentarmi .
Sono io, ha telefonato qualcuno? Ma non era per Giovedì?E per quando li hanno anticipati? Mmh, senti ti ho lasciato una pianta in scala 1/50, portala al 20. Nella stessa scala mi fai due sezioni verticali, una che taglia il palmento, l'altra dalla parte della stanza più grande, l'ho segnata con la lettera A. Le quote le ho prese io questa mattina, se non collimassero con la pianta al 50, disegna con le mie, stai attento alle diagonali, ho l'impressione che ci siano dei fuori squadri. Se gli esami li hanno veramente anticipati a Lunedì, se ne andrà tutta la settimana, stasera quando torno, ti schizzo le altre due sezioni, quando tu hai finito fai solo la copia dell'ingrandimento al 20 che hai fatto. Ci vediamo.
 
Ero un bambino detestato. Non seppi mai perché, i ricordi lentamente, uno alla volta, mi appariranno solo dopo la separazione da mia moglie. Avevo solo 4 anni, quando di notte mi strapparono dal letto e mi ficcarono in un ripostiglio tutta la notte, incuranti degli urli di terrore, la mamma mi picchiava accanitamente, una volta mi si avventò contro come una bestia e caddi sul letto come svenuto, lei pensando di avermi ucciso mi afferrò per i capelli, mi sollevò la testa, per rasserenarsi, un'altra volta mi prese, mi trascinò davanti ai fornelli accesi e mi costrinse le mani sul fuoco,quando ebbi 12 anni mi ficcò in un collegio, liberandosi. Lei in questo odio si faceva aiutare occasionalmente dal fratello, una sera mi colpirono senza riuscire a fermarsi, l'indomani avevo la schiena rigata dai lividi. Poi lei conobbe i parenti del marito, mi lasciò a loro per anni, in un paesino dell'Umbria. Fu un periodo di pace, ancora oggi, quando guardo la fotografia di mio zio, lo ricordo  con l'affetto di allora. Era ancora buio quella mattina quando mi accompagnò al pullman. Tornavo a casa, da mia madre, la valigia la portava lui, il paese dormiva, i suoi passi nel silenzio delle strade, tum, tum, i calli della mano che stringeva la mia, la sua barba sulla guancia, quando mi baciò per salutarmi.
Appena arrivato, cominciai ad avere incubi di notte, mi svegliavo urlando, correvo per il corridoio, per le stanze, sbattevo contro i muri, una notte mio padre fece appena in tempo a fermarmi di fronte ad una finestra aperta, non riuscii mai ad essere un bambino normale, ero come inebetito. Mi lasciavo andare ad una stanchezza cronica, ero esagitato, inadeguato sempre, a scuola, all'Università, nella vita. Ovunque fossi non vedevo l'ora di andarmene, di salutare,  restare solo, libero dal paragone con gli altri.
 
Non fa caldo, non fa freddo.
Mi scusi.
Prego, faccia pure.
Si alza, si toglie il giubbotto e rimane in canottiera.
 Blu.
 Una canottiera appesa a due seni poderosi, io e i miei occhi non ce la facciamo a non cadere su quel ben di Dio. Cominciamo ad interrogarla: la noia di concetti insegnati troppe volte viene sorpresa da un'esposizione dotta, informata, la tesi su i musei di Aidone, sul Museo Regionale di Messina e sul Museo Paolo Orsi di Siracusa ci incuriosisce perché centrata sulle diverse tecniche del restauro.
Ha trovato in campagna in una casa abbandonata un crocifisso d'argento, ficcato fra una pietra ed un'altra, in un buco del muro, nascosto e poi dimenticato chissà da quanto, fratturato nei punti più sottili. Approfittando di una sua predisposizione alla manualità ci consegna un lavoro che nel programma non era richiesto. L'operazione di pulitura è stata fatta con un ostinato senso di misura, conservando appena i segni dell'abbandono e dell'umidità, mettendoli sapientemente in contrasto con la lucentezza dell'argento che in alcuni parti era stata possibile ritrovare. In fase progettuale e poi esecutiva ha appeso il crocefisso ad una cornice in perspex la cui base inferiore è stata tagliata in una sezione maggiore in modo da costituire una base stabile. Le fratture non sono state saldate, le parti perdute non sono state sostituite, la materia della cornice è stata nei suoi spessori lucidata a specchio in modo che la luce potesse polarizzarvisi. La scelta dell'immaterialità del perspex denuncia la volontà di retrocessione nei confronti dell'oggetto restaurato. Mentre espone le sue scelte senza alterigia e con disinvoltura  l'allieva dimostra come le normative siano state rispettate, e come la progettualità nel restauro possa,  nonostante tutto, essere inventiva.  Un crocefisso fratturato, pulito, in una ricomposizione rigorosissima. L'abbiamo licenziata con un 30 e lode. Si alza, si china sul giubbotto, in modo da favorire il nostro ultimo sguardo sulla vibrazione delle sue tette . Il loro peso si scarica tutto sul tessuto della canottiera, i capezzoli emergono con forza, saluta, ringrazia, se ne va. Non è contenta solo del 30 e lode, fra non molto chissà le risate che si farà quando racconterà alle sue colleghe lo stato di ubriachezza in cui  ci ha lasciato.
Mi alzo anch'io, così evito di esaminare la moglie del professore di Estetica. Rimangano i componenti della commissione, se la sopportino loro, fingano che sia preparata, che la tesi non sia scopiazzata da un'altra tesi di qualche anno fa, diano il voto che non si merita, in modo che il marito possa essere soddisfatto. Negli anni passati ho finto io, ora che sto per andare in pensione se la godano loro.
Un'Università di parenti. Il figlio del direttore, il figlio del professore di Nozioni Giuridiche, un giovanotto, amante del professore di Storia dell'Arte, il figlio del direttore amministrativo,la figlia dell'Onorevole, l'ultima venuta è la moglie del giudice. Il nostro direttore è stato indagato e condannato in primo grado per una costruzione in buona parte abusiva di fronte al mare. Quando il giudice è intervenuto per una conferenza sul mondo e sui problemi della giustizia, subito dopo, è partito un campionato di calcio fra professori della nostra facoltà e giudici, la moglie del giudice ha avuto un incarico per una docenza..
 
 
 
 
 Per una seconda cattedra di Storia dell'Arte, un altro incarico è stato dato al direttore di una rivista di architettura. Non è venuto mai.
 
E questo chi è?
Quel signore che si era presentato il giorno degli esami non lo conosceva nessuno.
E' il professore.
Il professore? Ma allora il professore che abbiamo avuto tutto l'anno chi è?
L'assistente.
 Pochi giorni dopo la rivista ha pubblicato un progetto del nostro direttore-architetto.
 
Rido, scherzo, chiacchiero e me ne vado, anche questa sessione di esami è finita.
 
Appena la sento sbadiglio. Potrei non sentirla, fare altro, riporre il telefono, riprenderlo e sentire il finale.  Ma è possibile che non ti trovo mai, dove sei, telefonami quando torni, ti aspetto, sto a casa tutto il giorno, a qualsiasi ora, e piripi e piripa.
Faccio sesso con una donna che telefona lagne, viene una volta la settimana, cucina per me, si spoglia, gode (o fa finta?) e se ne va, ringraziando Dio se ne va. Smonta e rimonta rubinetti, serrature, è capace di pitturare alla perfezione una stanza, insegna, e io con lei mi annoio  da anni.
Lo so, io sono l'oggetto di una sua scommessa personale, invecchia ancora un po' alla fine
 sarai  mio, e per questo sopporta la mia indifferenza, la guardo andarsene dalla finestra, entra in macchina, ah che bello! Per una settimana non l'avrò, o lei o la solitudine, non scelgo né l'una né l'altra, mi sdraio nell'inedia, ma sì, le cose vadano come vogliono andare e io con loro.
 E lei questo lo sa.
 
Siamo in due adesso, stendo la rullina e strillo le misure al mio assistente che le trascrive sulla copia della pianta in scala 1/20 ancora inesatta, ma intanto spio la casa. Le capriate sono in ottimo stato di conservazione, gli incastri non si sono mossi, un'umidità risalente ha macchiato parte della parete a destra dell'ingresso, alcune soglie in pietra lavica si sono staccate, gli intonaci interni sono del tutto integri, tutto lo spazio che sarà la zona giorno è privo del pavimento, ne sono rimasti solo alcuni frammenti, mentre prendiamo le misure ci muoviamo sulla terra battuta. I ladri l’hanno divelto e rubato perché decorato, così come si sono portati via porte e sovrapporte, consegnate probabilmente a qualche antiquario del nord e vendute a peso d'oro. Ad ogni modo potrò fare passare le condutture degli impianti sotto e il pavimento nuovo lo progetterò io, un disegno ampio, nelle stesse tonalità  di quello rubato. Anticiparlo ora, sarebbe inutile, anzi pericoloso, potrebbero dire di no, chissà quando conoscerò questa figlia, insomma la casa sarà la sua o no?
All'esterno, sul prospetto che dà verso il pozzo, è caduto un largo pezzo di intonaco, vorrei lasciare tutta la superficie esterna della casa così com'è ora,   con le sue macchie, le macchie che il muschio lascerà una volta divelto, le colature che l'acqua piovana ha lasciato negli anni. La struttura muraria che si è rivelata là dove l'intonaco è caduto è di grande fascino, fatta con pezzi di pietra lavica, alternati a malta, frammenti di tegole, mattoni, terracotta, un incidente che rivela un segreto nascosto. Se riesco a inventarmi qualcosa per bloccare l’infiltrazione dell’acqua, lascio la lacuna così com'è.
Annoto piano piano, l'immagine della casa, tutta, dentro e fuori, mi entra dentro, la memorizzo, la ricordo, la rivedo anche quando ne sono lontano sui disegni in studio, nelle soluzioni che vado man mano modificando, sono pieno di fiducia nella simulazione, nella speranza di trasformare un'istanza di fantasia in realtà, arrivo ad un tale grado di conoscenza, che è come ci camminassi dentro .
 
Questa volta la dentiera lho messa sotto il divano, così, quando mi alzo non c'è pericolo che ci cammini sopra, un padre, in Austria, ha tenuto segregata la figlia per 25 anni. Probabilmente lui si eccitava così, asservita, nell'attesa che lui venisse, le portava il cibo, la godeva e più la immaginava chiusa, più la desiderava, fino a non poterne fare a meno e riprenderla di nascosto, sua, dipendente, prigioniera. Una donna in Algeria ha fatto ficcare in galera il suo amante per goderselo, tutto suo, schiavizzato lì dentro. Alcune volte il sesso smuove la corda pazza delle persone, fanno l'amore nella follia, accecati, dissennati,sconvolti.
 
 La donna che mi perseguita di telefonate è convinta che tutte le case, specie quelle vecchie, sono abitate dai morti. Chissà in quella casa chi c'è, ora che ce ne siamo andati, ora che  il silenzio sostituisce il nostro chiasso,in  una casa in cui non c'è stato nessuno per decine di anni, nessuno al di fuori di loro. Chi c'è lì ora?
Mi si chiudono gli occhi, mi metto il giornale sulla faccia, i miei pensieri si perdono-prima di me questa casa l'ha progettata il vento, la pioggia, il corso degli anni ha patinato la pietra, scolorato l'intonaco, mutazioni che voglio rispettare, io, alleato del tempo, del racconto che si è impresso, per essere ascoltato, letto, anche da noi, sogno ancora prima di addormentarmi.   
 
C'è qualcosa che non mi convince, eppure i lavori sono cominciati, i disegni approvati, gli infissi smontati, le tegole tolte, raschiate e messe da parte. Non siamo ancora riusciti a trovare l'ebanista per la realizzazione delle porte che ho progettato, ma l'ansia della mia incertezza viene proprio dal mio committente che fa, ascolta, tiene i rapporti come se avesse nella testa altro, come se frequentasse il cantiere per distrarsi da un pensiero fisso, questa mattina parlava  degli impianti ma il suo sguardo era vuoto. Il suo portatile suonava in continuazione, leggeva sul display, e staccava la comunicazione, non risponde mai, legge il numero con uno sguardo cupo e si trascura, la barba lunga, fuma ininterrottamente, ha gli occhi arrossati.
Io dirigo il cantiere come se fosse un'occupazione a tempo determinato, una sensazione che mi sottrae convinzione.
Pronto? Stavo pensando proprio a lei, come? No, no, quando vuole, domani?
Domani debbo stare tutta la mattinata in cantiere, debbo incontrare idraulico ed elettricista, se vuole passo dal Comune a fine mattinata. Bene, alle 12 sono da lei. Clic.
Ha trovato gli ebanisti.
 
Parcheggio, salgo le scale, ancora prima di arrivare al piano degli uffici, lo sento, urlare, è sicuramente lui,
Non posso farlo, se lo metta in testa, una volta per tutte, non lo posso fare! La commissione è contraria, tutta la commissione, il sindaco non ne vuole nemmeno parlare, non mi interrompa, per ora è tutto fermo, non me ne fotte un cazzo, dovete mettervi da parte e aspettare, quanto? Non lo so, qualche mese, un anno, due anni, per ora io non ci posso fare niente, lo so, lo so, lo so, ero sicuro di poterlo fare, ora sono solo  sicuro che è tutto fermo. Nossignore! Lei non mi deve telefonare, non deve venire, è inutile che lei ... lei la  deve solo fare finita, finita! Questo è un ufficio tecnico, non è casa sua, ecco bravo se ne vada, no, le telefono io,  n  o  n   -  l  o   -   s   o  -    n  o  n   -    l  o  -
 s o !
La gente dal corridoio si affaccia, si aprono le porte,
fuori dalle palle, io qui non la voglio più vedere, fuori!
Si apre la porta, è lui, rimane con la mano sulla maniglia,
fuori cazzo o chiamo i carabinieri!
Silenzio, si sente una sedia spostata, poi esce un signore, giacca, cravatta, sbarbato, capelli bianchi, fazzoletto nel taschino, lo guarda, fisso, per qualche secondo, fermi tutti e due,uno di fronte all'altro, si guardano, il signore esce, si ferma un secondo, si volta, lo guarda ancora, chiude.
Resto in piedi, si accomodi architetto, anzi no, usciamo, entra nella sua stanza, prende la giacca, si avvia, poi torna, prende tutti i timbri allineati sul tavolo, se li mette in tasca, chiude la sua porta a chiave, intasca anche la chiave, lo seguo, la gente, gli impiegati ci guardano passare - dai falegnami, andiamo dai falegnami .
 
 A Catania hanno smontato il ponteggio del cantiere della Badia di S.Agata, la pietra dopo la pulitura è tornata al suo colore originario, un colore fatto di sole, un sole che diventa materia, ombre portate e proprie scavano le decorazioni, concavità e convessità sono tornate ad esprimersi, l'architetto incaricato del restauro ha fatto bene a resistere alle critiche che volevano i costoloni evidenziati cromaticamente: ora la cupola ha lo stesso colore della materia del prospetto, prospetto e cupola si fondono. Il volume concavo della parete d'ingresso è un invito al dialogo con la strada, con il passante, con il fedele, la cupola un'apparizione lontana, che raccoglie tutta la luce del cielo. Il prospetto vibra di ombre, mentre la cupola che  ne è completamente priva, esalta il suo volume, un'apparizione, una speranza, un invito trionfante alla preghiera, un Dio lontano, una composizione di volumi che rifiuta qualsiasi contrasto cromatico, un contrasto negato, Dio è lassù in alto, ma è come noi.
Non l'avevo capito, per quale ragione Vaccarini ha disegnato il timpano sopra l'ingresso"pronto? A Catania?E come mai, ha abbandonato il suo ufficio tecnico?Gli impianti? Non abbiamo fatto a tempo a fare   le copie, ma i disegni sono pronti. No, no, non ci sono problemi, io in questo momento sono nei pressi di Piazza Duomo, posso essere allo studio, fra 20, 30 minuti. D'accordo, sto arrivando".
 
Lo trovo chino sui disegni,mi saluta senza guardarmi.
Chiede, e io attacco, abbiamo illuminato gli spazi a zone, lampade da tavolo principalmente, in modo che illuminando la casa, la sera, lo spazio appaia più articolato, anche lampade da terra naturalmente, ma gran parte dell'impianto è pensato a prese comandate all'ingresso e all'uscita di ogni stanza.
Il pozzo contiene per lo meno 20 metri cubi d'acqua, per irrigare il giardino sua figlia non dovrebbe avere problemi, avremo sicuramente bisogno di un'autoclave, inizialmente l'avevamo prevista agganciata nel pozzo, poi ci abbiamo ripensato, non vorrei che l'idraulico, se il motore si blocca, se deve cambiare la sfera, se deve fare una qualsiasi manutenzione, attacca con la lagna di lavorare in condizioni disagevoli.
 Lei ricorda certamente che dietro la casa c'è un casotto, probabilmente era per gli attrezzi del contadino, è talmente grande che potremmo metterci anche autoclave, serbatoi per lo meno di 5000 litri e la caldaia.
Annuisce, interviene, è di una competenza che mi mette in difficoltà, suggerisce correzioni e soluzioni che non mi sogno di discutere, gli prometto che posso fare le modifiche entro domani, nella prossima settimana posso consegnargli le copie.
Mi guarda, lei ha capito perché il progetto che le ha commissionato la signora Purificato si è fermato?
 No, non l'ho capito.
 Glielo dico io, non ha accettato i patti che le avevamo proposto.
Patti?
 Patti. Un progetto come quello, su un terreno davanti al mare, avrebbe avuto dal   mercato una risposta immediata, avrebbe venduto tutto in pochi mesi, case monofamiliari di fronte al mare! Un affare di milioni di euro, la signora sarebbe diventata miliardaria. Abbiamo chiesto una percentuale ragionevole e la signora in cambio avrebbe avuto un progetto approvato, approvato anche dalla Soprintendenza, approvato e cantierabile. La signora non ha voluto accordarsi e il progetto si è fermato, mi dispiace per la signora e anche per lei.
Mah, speriamo che la signora ci ripensi!
Cerchi di convincerla.
 Ci stavo pensando. La signora non è un tipo facile, ma le ragioni per convincerla le ho tutte.
Lo accompagno, davanti alla porta, ma allora quando lei mi affidò il progetto dell'arredo urbano in piazza Federico II, perché non mi ha chiesto niente, né a me né all'impresa?
Era un lavoretto, poche centinaia di migliaia di euro, un finanziamento pubblico, e poi chi le assicura che l'impresa non abbia  mollato? Non avrebbe vinto la gara! Mi saluta sorridendo, prendiamo accordi per tracciare gli impianti, il tavolato per il tetto ormai è completo, il telefono non ha mai suonato, nemmeno una volta.
Lo guardo scendere le scale. Impianti? Mah! Forse vuole solo i soldi della signora Purificato.
Si fida di me, gli sto facendo la casa, la casa di sua figlia, non sono più l'architetto che veniva  per cercare lavoro, solo ora mi sto rendendo conto cosa può rappresentare per lui la mia collaborazione, sta realizzando il suo sogno più grande, non è andare in ufficio, tornare, ricevere gente, esaminare progetti, presiedere commissioni, risolvere beghe, ricattare colleghi,imprese, assessori di soppiatto,una vita da topo, è fare qualcosa che abbia un valore ideale, staccata dalla vita di ogni giorno, una rivalsa. E io mi sono sempre prodigato, non me ne frega niente se lui è un ricattatore, per me è importante fare questa casa e lui l’'a capito, e parla. Mi considera dalla sua parte, sono un suo amico ora, io, che ho sempre considerato l’amicizia uno dei sentimenti più falsi della vita , e lui, che vive fra inganni,nella paura continua di tradimenti.
 
In quel chiosco fanno la granita di limone più buona del mondo, a Catania lei se la sogna, ho da fare qualcosa al Comune, se lei mi aspetta, andiamo in cantiere insieme.
 Entriamo. Non mi saluta nessuno, non mi vedono, non spostano lo sguardo dalle loro carte. Non è mai successo, quando entravo i sorrisi si sprecavano. Si chiude nel suo ufficio. Io ne resto fuori. Non parla nessuno. E' come se io nella stanza io non ci fossi, scrivono, ripongono carte, tornano, non si parlano nemmeno fra loro, lo sento che parla al telefono, sto troppo lontano dalla sua porta, mi alzo, mi metto ad andare su e giù per la stanza, l'impiegato vicino alla finestra si ferma solo per accendersi una sigaretta, su e giù, mi avvicino nel mio andirivieni, silenzio, non sento niente, forse non parla, ascolta soltanto, ecco ora sento qualcosa, per ora la faccenda è chiusa, stai tranquillo, mi rendo conto, ti assicuro che puoi stare tranquillo, ciao.
Il ricevitore sbatte, mi allontano, esce, fuma, è un poco pallido, ce ne andiamo? Si volta verso chi non lo guarda, ci vediamo domani, non rispondono.
 
Quando apro lo sportello mi accorgo che il sedile vicino alla guida è zeppo di carte, carpette, rotoli. Mi faccia il piacere architetto, si segga di dietro, le dispiace? Mi infilo cercando di non piegare la spalliera che mi sta di fronte per non fare cadere i rotoli, quel silenzio, tutta quella indifferenza,  anche il vecchio del chiosco ha fatto finta di niente.
 Non parla, fuma, ormai la strada la conosco, qui dietro mi sento felicemente isolato, mi lascio andare, alla stanchezza, al caldo, guardo le strade, le case, come se mi stessi addormentando, tutto quel silenzio in quella stanza, mi stendo, allungo le gambe, non mi rassereno,
  pronto, angelo mio! Stiamo andando nella tua casa, sì, c'è anche l'architetto, verso l'una sono a casa, sta venendo bene! No no, non preoccuparti massimo all'una.
Era mia figlia, sospira beato. Ha rubato tangenti tutta la vita, ha invaso tutto il litorale di case abusive e sanate, vive e ruba in quell'ufficio fra impiegati avviliti, tesse inganni, promesse, truffe, e poi di fronte alla figlia si squaglia, felice di donarle una casa bellissima, siamo in aperta campagna ora,
 ma che cazzo vuole, cosa cazzo suoni, bestia!
 un clacson suona disperatamente dietro di noi , ma non lo vedi che non puoi passare, stronzo!  parla dallo specchietto alla Citroen che ci martella, geometra, dopo la curva c'è un cancello sulla destra, se lei si stringe questo gran pezzo di fesso può passare, dopo la curva, raggiungiamo il cancello, facciamo spazio, la Citroen ci sfiora, passa, ancora un colpo di clacson , chiuda il vetro architetto, sennò la macchina si riempie di polvere.
La Citroen sparisce. Silenzio. Ripartiamo. Lo capisce che sono distratto.
A che sta pensando?
Penso che da lei non voglio un centesimo.
Ride. Questa è una buona pensata! E perché non vuole soldi?
Perché quell'arredo urbano che lei mi ha commissionato è stata la cosa più bella della mia vita. Ho progettato di tutto, ma progettare  quella grande scultura...quella strana forma che ho messo al centro della piazza,vedere i bambini giocarci, arrampicarsi, nascondersi, dare loro la possibilità di inventare i loro giochi, mi pare che per la prima volta...sono stato me stesso, mi sono liberato, mi sono lasciato andare, vede spesso un architetto fa il furbo, sa cosa fare, cosa disegnare perché la cosa riesca, per quello spazio  ho solo ascoltato la mia mano, i miei impulsi, l' inspiegabile sentimento di tenerezza che mi ispirano i bambini,  è stato come ribellarsi a quanto i miei successi mi suggerivano , e le sono grato, immensamente grato. Progettare con gli occhi chiusi, inseguire, ascoltare un'immaginazione liberata. Lo devo a lei.
 
Non voglio credere che questi stronzi siano in panne!
 
Era vero la Citroen era ferma, motore spento,  ora il clacson lo suono io! Dal finestrino di dietro si distinguono le sagome di chi sta dentro, ma non escono, non si voltano.
 Se scendo, possiamo sapere cosa è successo.
No architetto,  aspetti. Senti?!
 Seduto sul parapetto del ponte dove ci siamo fermati un ragazzo guarda la scena, divertito. In ordine ha montato delle piccole piramidi di aranci, per terra un paio di cassette coperte da tovaglioli a scacchi bianchi e blu.
Senti!
Raccoglie una cassetta da terra e si avvicina.
Ho l'impressione che dovremo comprare una cassetta di aranci. Ridiamo. Si avvicina. Posa la cassetta a terra.
 Che stanno facendo quelli...due esplosioni spaccano l'aria, è tutto pieno di vetri, sangue, pezzi di carne, un ciuffo di capelli spiaccicati sul tetto, la puzza della polvere da sparo, il ragazzo si allontana, ha ancora il fucile in mano, corto, piccolo, lo sportello della Citroen si apre, chi era vicino al posto di guida scende, ha gli occhiali, grasso, il rumore dei suoi passi, ficca la faccia dentro quel macello, ispeziona il morto, si toglie gli occhiali, mi guarda, fisso negli occhi, a lungo, se ne va, gli occhiali in mano, il ragazzo aspetta voltato, lo sportello è rimasto aperto, la macchina si allontana lentamente.
 Ha ancora le mani sul volante, non ha labbra, non ha denti, le orbite devastate, ho i capelli pieni di vetri,urlo, scavalco la spalliera del sedile anteriore, i disegni,i rotoli, le carpette cascano, aprendo lo sportello mi sento le mani appiccicose, è sangue, c'è sangue dappertutto, lo guardo, le mosche su quel grumo che era la sua faccia, non riesco a smettere di urlare, di tossire. Mi siedo fra le piramidi di aranci, mi metto le mani sulla faccia.
 Pronto?Polizia? E aspetto davanti a lui, un silenzio totale, il motore ancora acceso.
 
Sto bene ora, non ho parlato. "La Sicilia" ha portato la notizia in quarta pagina, poche righe, quegli occhi fissi su di me, sui miei occhi, sono stati un avvertimento, sei vivo perché l’abbiamo voluto noi, zitto!Sta zitto!
Sono stato zitto, pochi stanno zitti come stanno zitti gli architetti, zitti, sempre. Anche quando non hanno paura.
Non ho visto niente, ero seduto di dietro.
E quando si è allontanato?
Ero accecato dai vetri, dal sangue, dallo spavento, da quella faccia, un unico grumo di sangue, macchina? No, non ho visto macchine, la cassetta di aranci in terra vicino alla nostra auto, no, non lo so perché stava lì, in quanti erano, uno credo,   ho visto solo i suoi jeans, ero seduto di dietro, che fucile era?Che ne capisco io di fucili! Era corto, molto corto, due canne, non ho visto altro, da che distanza hanno sparato?Pochi centimetri. L'assassino è scappato? In che direzione? Mi pare sia scomparso per la campagna. Fine, ssst! Come gli impiegati dell'ufficio tecnico, non mi hanno visto, non ci hanno salutato, lo sapevano che stavamo andando verso la morte, sicuramente qualcuno avrà telefonato- stanno uscendo in questo momento -il vecchio del chiosco, tutti sapevano tutto, tutti non sanno, non dicono, non hanno sentito, anch'io. Pieni di terrore, paralizzati dal buon senso, amici di tutti, non sappiamo niente di morti, fucilate, corruzioni e corruttori.
Sei vivo perché l'abbiamo voluto noi.
 
Non sono tutti così, io approfitto degli uomini diversi da me, sto bene per questo. Ne approfittiamo tutti.
E' stata fatta una statistica sulla qualità delle riviste di architettura il Italia. Una di queste si è aggiudicata il primo premio per i contenuti.
Il direttore vi ha pubblicato l' arredo urbano che mi ha commissionato il geometra.
 All'improvviso sono stato sbalzato, sono noto ora, ovunque, Roma, Milano, Londra, là dove arriva la rivista, là arrivo io con il mio progetto, non ho pagato un centesimo, il direttore non conosce la mia faccia, non ho nemmeno sottoscritto un abbonamento.
Se a capo del nostro sindacato ci fosse un uomo come lui, tanti progetti per Catania non languirebbero nei cassetti, tante sopraffazioni che si compiono contro di noi non passerebbero sotto silenzio.
 
Le sculture di Rabarama le hanno tolte, sono tornato davanti alla Badia di Sant'Agata.
 
Il cornicione non conclude la facciata lungo la linea di gronda ma la divide orizzontalmente: una parte in alto estraniata e lontana e la parte in basso, più vicina a noi, sottesa dagli spioventi del timpano.
Quest'ultimo non ha base, sono solo le sue parti inclinate che proteggono tutta la superficie sottostante, magnificandola fino al marciapiede, fino all'ingresso.
Il risultato è un capolavoro e nello stesso tempo una composizione conflittuale e armonica di scatti successivi che si sposano con superfici scavate al centro e rilevate ai lati.
Aveva due anime, Vaccarini.
 La cupola, un Dio lontano e solare .
 Il timpano che parte dall'alto,  scende fino a noi, un Dio che ci è vicino, che ci vuole, pur essendo lassù.
 
Resto lì sul marciapiede a guardare ancora quelle forme frementi di ombre spezzate, permeate dal colore della pietra,  mi allontano.
 Ora sto meglio.
 Anche le mosche accorrendo sul sangue del geometra, avevano fame.
 
 
Era una casa che non poteva che essere bellissima, bella come la tenerezza che nutriva per sua figlia, che si sposava, che si preparava lì dentro a vivere la sua vita, un regalo in adorazione.
E' stato imprudente per questo, lui questa casa la doveva comprare, la doveva fare, a qualsiasi costo, anche a costo di farsi pagare moltissimo in anticipo per un terreno che grazie al suo intervento truffaldino avrebbe reso miliardari i proprietari. Lo conoscevano, lo sapevano che era pronto ad ogni corruzione, non avevano previsto che questa volta non ce l'avrebbe fatta. Forse la commissione ha avuto paura, i funzionari che facevano parte della sua cordata se la sono squagliata, il suo potere ricattatorio non ha funzionato, nella follia che l'aveva preso, aveva speso tutta la tangente che si era fatto anticipare, proporzionata all'enormità che aveva promesso.
 Non potevano perdonare, non è gente che si può permettere di passare per fessi di fronte a tutti.
 
Avevo sempre guardato con disgusto le porcherie costruite in questi ultimi 30 anni  in tutto il territorio etneo, costruite e abbandonate. Il panorama, la campagna dopo poco stancano, per la vita di tutti i giorni ci vuole altro, e allora il tempo, l'abbandono fanno quello che una fucilata fa in un decimo di secondo. La casa del geometra disabitata da un secolo, era, nella sua rovina, piena di dignità, le porcherie invecchiano male, nella macchina della polizia mi sono sentito sporco, le mani ancora incrostate di sangue, la faccia grigia di polvere rigata di lacrime, il moccio che colava, la bava per la tosse che non mi dava pace, e quelle case, gli infissi rubati, le porte sfondate, le ringhiere arrugginite, la prosopopea cafona con cui erano state disegnate, mi sentivo piegato, sporcato,consapevole.
 
 L'inerzia con la quale fin dall'infanzia ho lottato contro la  mia inadeguatezza è tornata.
Chissà, forse faccio pena. Di solito gli uomini soli fanno pena, hanno un'aria un pò sgualcita.
 Ora, riesco a capire che non cambierà niente, quella casa continuerà ad invecchiare, finirà per morire, come me, qualunque cosa faccia, o scelga di fare. Ogni tanto ho un nodo alla gola. E' un pianto troppo desolato quello di un uomo che piange in una casa dove non c'è nessuno.
La mia insonnia mi costringe a stare sveglio per ore. Quando il ricordo vince su di me, balena quella testa dilaniata, quelle orbite sfondate che nel mio buio diventano sguardo, e tossisco, tossisco come  se tutto quel vetro che avevo fra i capelli mi fosse entrato in gola.
 
Canonico della Cattedrale, poi progettista e direttore dei lavori del  Cortile del Palazzo del Siculorum Gymnasium (l'Università), subito dopo  progettista e direttore dei lavori del prospetto della Cattedrale e della Badia di Sant’Agata.
Quattro nomine che Giovan Battista Vaccarini ottenne in brevissimo tempo per imposizione diretta di Don Pietro Galletti.
Don Pietro Galletti, Inquisitore Generale del Regno di Sicilia a Palermo.
 
Il Direttore è stato assolto.
 
                                                                                                                   Fine.