Scarpe e la morte di Gheddafi

 Per la morte di Gheddafi

 

Accendo il computer per controllare la posta e leggo “ foto di Gheddafi “. Clicco e lo guardo, ancora vivo, la faccia gonfia di percosse, la camicia zuppa di sangue, la bocca spalancata per il dolore e la paura, gli occhi stralunati e pieni di angoscia, fissi verso il fotografo.

Ho quasi 80 anni ho visto altre immagini di tiranni alla loro fine e anche ora sono pieno di pietà per il loro crollo, dopo decenni di strapotere, per l’abbandono e la solitudine nella quale vengono ammazzati, per i sentimenti di odio e di vendetta, contro i quali, ora, nei loro ultimi istanti di vita, non possono fare, ormai, più nulla.

Un orrore che si ripete in me, ogni volta, inopportuno forse, inevitabile sempre.

C’è qualcosa di nuovo questa volta.

Sul lato destro dello schermo e della foto, c’è ben architettata una pubblicità di scarpe, da uomo. Scarpe per camminare, per correre, per la montagna, di tutte le misure, con tutti i riferimenti dei materiali con cui sono fatte. Se voglio posso cliccare su una scarpa in modo da poterla ingrandire e comprenderla perfettamente.

Il motivo del contratto è chiaro: quella immagine sarà vista da milioni di persone che anche senza volerlo, guarderanno quelle scarpe.

“ Riempi il carrello” è l’invito finale.

Sento di nuovo orrore e pena, per tutto, anche per me, immerso in questo mondo di un mercato di vampiri che approfitta dell’immagine del linciaggio di un tiranno per vendere, per farsi conoscere, senza un minimo di autocritica per come si stanno ponendo ad occhi spesso inorriditi, di fronte alla descrizione di un assassino prossimo alla sua fine, e per se stessi, che non hanno ritegno ad approfittarne.

 

E’ stato pubblicato sul giornale La Sicilia il 24 Ottobre 2011-10-25

Con il titolo “ Il computer, la foto di Gheddafi, la pubblicità delle scarpe”