L'estasi di Santa Teresa d'Avila

Dall’autobiografia di S.Teresa (vita, cap.29)
 
"piacque a Dio favorirmi con la seguente visione. Un cherubino teneva in mano un lungo dardo d'oro, sulla cui punta di ferro, sembrava avere un pò di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese a più riprese nel cuore, cacciandomelo dentro fino alle viscere, che poi mi sembrava strappar fuori quando ritirava il dardo, lasciandomi avvolta in una fornace d'amore. Lo spasimo della ferita era così vivo che mi faceva uscire nei gemiti, ma insieme pure tanto dolce da impedirmi di desiderarne la fine, e di cercare altro diversivo fuori che in Dio.
Quando ero in questo stato andavo come fuori di me. Non volevo vedere, né parlare con alcuno, ma starmene sola con il mio tormento che mi pareva la gioia più grande di quante ve ne fossero nel creato.
 
 
 
L'estasi di S. Teresa d'Avila di Gian Lorenzo Bernini.

 
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Le dita agitate, il corpo colpito da un tremito che le terremota il corpo, un tormento irrefrenabile all’esplodere di un orgasmo.
 
Gli occhi sorridenti di lui,
gli occhi socchiusi di lei.
Le mani e le dita di lei,
le mani e le dita di lui.
Lui quasi nudo,
lei tutta ammantata, più nuda di lui
 
Il sorriso dell'angelo, un sorriso malizioso, compiaciuto dell'abbandono  di quel corpo,
 che si dà tremando,
 
Il suo viso, in un'espressione arresa, abbandonata, le palpebre abbassate,
non vuole  vedere più
lei ora
è solo la sua estasi, che sta per arrivare.
 
 
Vivo il tormento dell'attimo che sta vivendo,
le guardo i piedi, nudi, contratti,
le sue labbra aperte in un gemito irrefrenabile,
le dita come disarticolate da una febbre a cui lei si sta arrendendo
ad un pudore ormai vinto
ad un orgasmo che la sfinisce.
 
Il prete si offende perché non partecipo alla messa
Chissà quante volte, di notte, nel buio della chiesa, quando non c'è più nessuno, anche lui ha sentito l'eco di questi gemiti di marmo bianco.