Mantegna e la Resurrezione

 
 
 
 

Il Mantegna e la Resurrezione.

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Non è più Dio.Ora è un vero uomo.

 

 

Piero della Francesca dipinge Gesù che esce dal sepolcro issando la croce trionfalmente come un segno di vittoria.

Nella Cappella degli Scrovegni Giotto commenta la sua Resurrezione con le parole “Victor mortis”.
Ancora Resurrezione come vittoria.
Come poteva essere altrimenti?L’angelo del Sepolcro lo ricorda alle donne: “E’ risorto come aveva detto.”
Quando Cristo rivede Maria le dice:”Vai dai miei fratelli e dì loro che io salgo dal Padre mio e Padre vostro”.

E’ per Gesù un momento magico, una nuova creazione , ha portato a termine la sua missione, passeranno secoli e la sua parola sarà ricordata, ripetuta, discussa, con fede, ammirazione, devozione, lascia la terra per salire vittorioso alla destra del padre.

 

 
Non per Mantegna, che lo descrive uomo come noi con le nostre sconfitte, delusioni, mortificazioni, amarezze, ideali distrutti.
Non è vittorioso, è solo un uomo che ha creduto nel bene che predicava e faceva, che si allontana dal sepolcro nel ricordo ancora cocente dei tradimenti, delle torture, della delusione vissuta in un’estrema solitudine, un messaggio d’amore, di solidarietà, ricambiato con la crocifissione, una morte disperata, la fine di tutto, l’abbandono del padre.

Il Gesù risorto del Mantegna è un Gesù sconfitto, che non ha più la forza di credere nei valori che ha predicato, parole inutili perché facilmente dimenticate e non capite, non condivise, troppo diverse, troppo rivoluzionarie.Giorgio Bassani nel "Giardino dei Finzi Contini" fa dire al padre del giovane protagonista che si muore sempre una volta prima di morire alla fine . Nel tempo ci diversifichiamo così: la vita ci partorisce più di una volta.

La vita ci uccide più di una volta . Arriva un momento in cui non nasciamo più.

E’ il dipinto della desolazione,di Gesù e dei due angeli che cercano di confortare il risorto, piangendo una fine immeritata.

 

 
Non risorgerà più, non tornerà a credere alla possibilità di redimere l’uomo facendone oggetto d’amore, l’uomo che ha voluto la sua esecuzione nutrendo così l’odio per il diverso,per il testimone di una pochezza da cui l’uomo non vuole slegarsi.
E’ ora un vero uomo che ha imparato a non essere eroe.