Quale salvaguardia del Patrimonio artistico?

Conferenza al Palazzo dei Chierici con la Presidente dell’Archeoclub professoressa Giusi Liuzzo. “Quale salvaguardia del patrimonio artistico?”

Il 4 Dicembre 2007

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* Ho già parlato del Teatro Greco-Romano. Del suo restauro. Molto tempo fa. Un restauro condotto in vista di una sua rinnovata fruizione. Se era teatro poteva,doveva, tornare ad essere teatro. Vicino a me era seduta la dottoressa Elena Tomasello allora Sovrintendente. Emozionata e determinata, timida e ostinata. Non era d’accordo, lo disse durante la conversazione che tenne dopo di me, e me lo confermò in privato.
Ci sentiamo il sale della terra noi architetti, depositari della verità, come poteva darmi torto per il destino del Teatro così ovvio, sperimentato, chiesto ripetutamente da tutti noi?
Dopo poco tempo la rividi. Sulle prime pagine del giornale, imputata della accuse più infamanti, la sua fotografia accanto a quella del suo amante. Un amante! Dio mio! Una Sovrintendente che ha un amante! Assolutamente uno scandalo insopportabile.
Tornai nel Teatro molto tempo dopo, con i miei allievi, parlai dei restauri che già si erano fatti nel passato, e mentre parlavo mi sono accorto che le sedute dell’anfiteatro erano ancora protette da tavole. A mò di dimostrazione avevano programmato una rappresentazione teatrale. Le tavole erano destinate a proteggere la seduta degli spettatori. Erano lì da anni. E in quel momento ho capito che la Tomasello aveva ragione. Quello spazio non era stato usato, era stato profanato.
Dopo sette anni è stata assolta. Non l’ha saputo nessuno. Poco dopo è morta.
Le nuove fruizioni in spazi del passato sono opportune il più delle volte, non sempre. Alcune volte entriamo in spazi in cui sentiamo che sono solo destinati al silenzio, all’immaginario, ad echi che provengono dal passato, ad un racconto che emana da resti di cui dobbiamo rispettare i suggerimenti. Spazi per fantasmi.
Nel silenzio.
Fellini disse in uno dei suoi ultimi film: Se ci fosse un poco di silenzio, forse riusciremmo a capire qualcosa.”.
Solo una strategia d’ascolto, e non è assolutamente detto che un ascolto basato su una sensibilità di poeta non debba essere pari, o addirittura più persuasivo di scelte solo scientifiche e utilitaristiche. Un teatro vuoto, riempito di silenzio utilizzato solo per ascoltare il passato. Schopenhauer scrisse: ” Alla fine la morte deve vincere: è ad essa, infatti, che apparteniamo, per il semplice fatto di essere nati; essa gioca soltanto un po’ di tempo con la preda, prima di inghiottirla.Nel frattempo continuiamo la nostra vita con grande interesse e molta cura, fin quando è possibile, come si gonfia il più a lungo e il più ampiamente che si può una bolla di sapone, pur con la ferma certezza che scoppierà. Forse per questo detestava essere disturbato, per il suo interesse e la sua molta cura. Un giorno, seccato per il cicaleccio prodotto da un’anziana comare fuori della stanza che aveva preso in affitto uscì e dopo un alterco la scaraventò dalle scale. Capire un’Architettura è difficile. Architettura vuol dire spazio, storia, decorazione, materiali, urbanistica. Occorre entrarci, capirne la spazialità, poi uscire da capo e vedere come la sua concezione spaziale è esplosa all’esterno ( quando lo è ) e poi conseguentemente leggere le decorazioni che sottolineano il prospetto, i simbolismi a cui accennano, la composizione dei materiali: occorre interesse, cura e silenzio.

Un silenzio che in città non c’è.

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Piazza Duomo oggi isola pedonale è molto più facilmente godibile di quando era invasa dal traffico di una volta,

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* la Badia di S. Agata fra non molto sarà liberata dai ponteggi e si porrà alla nostra ammirazione perché rivelata dalle operazioni di restauro in tutta la magnificenza delle sue masse dilatate, della sua cupola illuminata dal sole, ma sarà un’ammirazione distratta da un sipario metallico di pullman, auto, moto e motorini, il caos di tutte le città d’oggi. Annullarlo? Non è possibile, ma ridurlo si. Durante la giornata scendono dai paesi etnei 100.000 auto, siamo secondi in Italia dopo Napoli per numero di auto in proporzione alla popolazione, ormai la città ha sete di parcheggi: il giorno che chi viene dall’esterno lascerà la sua auto nel parcheggio scambiatore per prendere la navetta e scendere in città, quel giorno il nostro centro storico godrà del silenzio e del rispetto che oggi gli è negato e noi potremo capire qualcosa. Perché non si restaura solo l’oggetto d’arte, si restaura e si conserva lo spazio in cui l’architettura è stata posta, in cui è vissuta per secoli.

*Le due chiese San Cristoforo Minore in Piazza S.Spirito e San Gaetano alle Grotte in Piazza Carlo Alberto,

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si presentano in un ottimo stato di conservazione, eppure hanno un aspetto di ruderi abbandonati. Le hanno isolate. Le hanno private, distruggendolo, dell’ambiente in cui per secoli sono vissute, i vicoli, i vuoti, gli slarghi, le luci, le prospettive, le sorprese.

C’è una differenza enorme fra diradamento e sventramento. Il primo fa in modo di rendere vivibile il quartiere, aria, luce, sole, il secondo isola, aliena, snatura. Ma uno dei “saggi” che collabora con il Sindaco non è d’accordo, lui vuole abbattere gli

* Archi della Marina.

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E’ comparso in televisione, come per dire basta non ne possiamo più dobbiamo toglierceli di torno, il traffico ne sarà snellito, la strada dilatata, e poi parliamoci chiaro gli Archi della Marina sono stati responsabili della separazione della città dal mare. I milioni di metri cubi di cemento che ci allontanano dal mare, per lui sono del tutto trascurabili. Diradamento?Sventramento? Lui è un saggio, mi domando il Sindaco un genio del genere dove se lo è raccattato.

Non ne abbiamo distrutto abbastanza di questa povera città, dobbiamo ancora continuare? C’è nelle librerie un bellissimo libro sul liberty a Catania di Antonio Rocca. Nelle ultime pagine sono elencate le architetture liberty abbattute in questi ultimi 50 anni: un cimitero. Utilizziamoli questi archi: fra non molto il treno non ci passerà più, ne faremo una pista ciclabile, una corsia preferenziale, uno spazio per un mercato specializzato, libri, antiquariato, lasciamolo lì, vivo, di porcherie a questa città ne abbiamo fatte anche troppe. Distruggeranno un ponte, sul lungomare e un’Architettura tornerà alla città. Parlo della chiesa di

* Santa Maria di Ognina

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che oggi è tagliata fuori da un cavalcavia che la scavalca obbligandoci a sentire la sua presenza lontana, una presenza solo panoramica.

Abbatteranno il ponte, la strada scenderà fino al livello della chiesa permettendoci di portare il suo prospetto al livello dei nostri occhi, della nostra attenzione, una parte della città che torna a noi. La città ha bisogno di attenzione e di interventi se sono necessari. E anche l’urbanistica può essere salvaguardia. Invece ci siamo messi in testa che PATRIMONIO sia solo quanto ci è rimasto del passato. La stazione di Firenze è monumento nazionale, la Chiesa dell’autostrada del sole, la Ville Savoy, il museo Guggenheim di New York sono tutte realizzazioni di questi ultimi decenni e sono PATRIMONIO.

*Il Giardino Bellini,

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l’architetto ne ha studiato i nuovi impianti, tutti interrati, l’illuminazione dal basso, la caratterizzazione dei percorsi settecenteschi, i tre ingressi valorizzati da un’illuminazione particolarmente scenografica.

Tempo addietro, nel Giardino *il Chiosco costruito nel 1870, è andato a fuoco. Si è creata di conseguenza una lacuna, una parte importante della composizione del giardino e come sempre è nato un dibattito. Come era e dove era? Quando facevo l’Università era un interrogativo che ci faceva rabbrividire di disgusto. Un architetto autore di una patacca? I tempi sono cambiati siamo arrivati al punto che il concorso bandito per il chiosco distrutto prevede solo la ricostruzione. Potevano lasciare la libertà a qualche architetto kamikaze (per fortuna ce ne è ancora qualcuno) di consegnare un progetto che fosse una provocazione, un’idea che facesse parte della nostra storia, la storia di oggi, non di quella delle patacche. Avremo una patacca, ne siamo tutti certi, amaramente. Le idee se sono moderne non sono PATRIMONIO.

*Il Monumento ai Caduti,

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Durante la sua campagna elettorale il Sindaco Scapagnini era seccato della presenza di questo monumento, avrebbe voluto vederlo cadere, che diavolo tutto quel cemento, così moderno! Viaggiano. Molto. Anche perché non pagano. Chissà cosa vedono,cosa guardano, cosa memorizzano, cosa fotografano. Niente, anche perché il loro vuoto è fatto di niente. Abbiamo letto che alcuni di loro lo riempiono andando a puttane. Figuriamoci quanto interessa loro l’architettura. Si sentono così soli! E’ una realizzazione troppo recente quindi è consentito abbandonarla al degrado. Il fatto che sia l’unica che attui il tentativo di costruire facendone un oggetto d’arte è per loro del tutto trascurabile, il fatto che sia l’unica volta in cui un concorso non si sia risolto in una buffonata è trascurabile, è trascurabile il fatto che sia stato abbandonato alle violenze dei teppisti.

L’abbandono è indifferenza. Ho restaurato la chiesa di

*San Michele Minore in Piazza Manganelli.

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Il professore Nunzio Sciavarrello ha raccolto negli anni una collezione di ritratti ed autoritratti e 7.000 volumi fuori commercio e l’ha donata alla Provincia committente dei lavori. Il restauro prevedeva di conseguenza una biblioteca, l’esposizione delle tele, 50 sedute per conferenze e proiezioni e lo spazio per il bibliotecario. Fatto. Collaudo, inaugurazione, e poi il silenzio, il silenzio dell’abbandono. Per anni e anni nella chiesa non si è tenuto nulla, conferenze, proiezioni, un pianoforte per concerti mai usato, due poveri ragazzi mortificati nel loro iniziale entusiasmo messi lì a guardia dell’indifferenza delle istituzioni. Dopo 6 anni mi sono deciso a denunciare il degrado che stava subendo la chiesa a “la Sicilia”e dopo due articoli di fuoco della giornalista Pinella Leocata, finalmente la vergogna ha avuto fine.

La parola salvaguardia scelta per quest’incontro alcune volte suona con ironia. Non è più tempo di uomini, non è più tempo di uomini con un minimo di coraggio, vige ormai il vangelo del chi me lo fa fare. Al Castello Ursino si è scoperto ( scoperto, scoperto?)che il suo Museo era diventato luogo di ruberie. Ma guarda che strano le decine di assessori alla cultura precedenti (uomini) non se ne erano accorti. Se ne è accorta una donna, il nuovo Assessore. Speriamo che le sue denuncie abbiano esito. Ma il

* Il Museo del Castello Ursino

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contiene un grande Patrimonio. Se l’Assessore farà una sola mostra d’arte, una l’anno, per periodi, autoritratti, ritratti, etc. sarà un evento ogni volta nazionale.

E altre due cose, solo due. La prima: insegnavo all’Accademia che quello che ci viene tramandato, non è nostro, ci è stato dato perché possiamo goderne, e conservarlo per far in modo che chi verrà dopo di noi possa capire e riviverlo. Non sono parole mie, e non è detto che quello che impariamo a scuola debba per forza essere inutile. Il passato non è nostro, dobbiamo custodirlo. La seconda: Anna Maria Ortese ha scritto fra l’altro un racconto. Una ragazzina vedeva il mondo come altri l’avevano descritto: bello, tutti buoni, tramonti, amori, un mondo felice. La nonna allora le regalò un paio di occhiali, speciali, facevano vedere il mondo com’è: egoista, vigliacco, ma chi me lo fa fare, generoso, pieno di slanci e di furberie. Tutto. La verità. Nella mia vita è capitato che qualcuno mi abbia messo questi occhiali. E ogni volta ha capito qualcosa di più. Questa volta, gli occhiali, me li ha dati un’Assessore ( attenzione all’apostrofo ) e la dottoressa Elena Tomasello di cui amo la memoria. Ringrazio.