La casa

“La casa”

Uno spazio per un Dio. India.

 Nell’Università mancano due esperienze fondamentali, il cantiere e la committenza. Il cantiere lo troverete solo  dopo la laurea, ma il committente potrete inventarlo  eleggendo voi, come committenti e progettisti progettando conseguentemente alle vostre passioni, a  quello non avete avuto, i desideri, i sogni, speranze, paure. “Occorre adottare la strategia dell’ascolto”. disse una volta Paolo Portoghesi. In questo caso l’ascolto sarebbe diretto a voi, progettisti e committenti. "Cosa vorrei, quale potrebbe essere lo spazio nella mia casa, più importante, più desiderato"?

Fatto di che, spazi alti, bassi, colorati, con quali sequenze, appartati, aperti, raccolti, chiusi, svetrato verso l’esterno (il giardino che avete progettato) che contatto è, solo armonia?

 O pensate che invece la vostra casa è anche una protezione dall’esterno? E il giardino com’è?   Selvaggio, abbandonato, apparentemente inestricabile. O curato in ogni minimo particolare, in ogni dettaglio. Pensate anche voi, così come ha detto la signora che ci ha ospitato, che il giardino all’italiana è un “giardino ingessato”? Possibile che non ci sia nessuno di voi che non apprezzi, non rimanga affascinato da un giardino studiato con geometrie simmetriche, fontane nelle intersezioni nei viali, sculture? E le sculture possono essere fatte con rete zingata,su cui si arrampica edera, o  rampicanti -  trasformare un giardino in Arte, progettata con simmetria, dissimmetrie, un racconto che non deve essere concettuale, ma astratto, luogo di pensieri, voluto. E allora la casa può essere immaginata di conseguenza,  grazie alla trasparenze del vetro, in armonia con l’esterno, gli stessi materiali, la pietra con la quale avete pavimentato i viali, l’eventuale patio, o può essere in contraddizione?

“You are living in the atmosphere, not in the building. You are living in the building, but in the atmosphere”

Una casa che una volta adagiata sul terreno trasforma il terreno stesso o meglio  dovrebbe sembrare parte di esso, diviene un terreno speciale.

Terra ed architettura sono una cosa sola, si alimentano visivamente fra di loro, si armonizzano ed invecchiano insieme.

La casa è anzitutto riparo, se piove, se fa freddo, se fa caldo, se c’è vento, se c’è poca luce, in casa il tetto ci proteggerà dalla pioggia, la caldaia dal freddo, il condizionatore dal caldo, il vetro dal vento. Godere visivamente dell’esterno senza soffrirlo. O in voluta dissimmetria? Divani morbidi, colori caldi, materiali scelti con cura, facilmente lavabili, colori luminosi, lampade che illuminino a zone. E se il Dio che sognate nella vostra casa fosse l’abitare stesso? Wittgenstein un volta scrisse la casa è stare in pace. Una ricerca del vostro io, alcune volte sconosciuto: quali colori amo di più, e poi la luce accecante dell’esterno o quella più morbida dell’interno? E questo angolo, spazio, sacro  che il vostro io ha scelto è segreto o aperto? E’ un centro da cui radialmente si articola la vostra casa? Se riuscite a scoprire la vostra complessità adatterete la vostra pianta alla vostra complessità (Gaudì, … ZaaHadidd o chi volete) o siete per gli spazi precisi, netti, equilibrati, essenziali. In poche parole una casa che sia il vostro autoritratto, come siete, come vorreste essere, come vorreste la vostra casa, in cui potrete riconoscervi. E’ proprio vero che il corridoio è uno spazio così rifiutabile? O può essere uno spazio magico, segreto, una casa che sia una conseguenza del vostro esserci, libri, giornali, cd, computer, divani e poltrone in gualciti dal vostro corpo, una porta può essere solo una porta o può essere un’opera d’arte? Sognate di vivere da soli o no? Avete nostalgie del passato, o volete essere moderni?

Nel museo Guggheneim a Venezia c’è una scritta luminosa:”Cambia il tuo futuro”.

 Volte alte, basse? Una casa tutta aperta, niente corridoi, esibita, o segreta tutta da scoprire. Pensate che una pianta possa essere progettata tutta in una volta o da un’idea da cui ne scaturisce un’altra e poi un’altra etc.? Mi è stato detto  una volta che un progetto deve essere una creazione coerente e se voi siete incoerenti? Non pensate che sia giusto avere progettando rispetto della vostra complessità?  E come l' immaginate arredata con arredi progettati da voi? O con arredi che vi propone l’industria?

Ed  i prospetti esterni, la forma della vostra casa volete che sia sobria, di chi non ama farsi notare o è uno schiaffo, esibisce una diversità discutibile, scandalosa, irritante?

 Coerente? Perché deve essere coerente? Coerente con che, con chi? Coerente con me stesso, come sono o coerente con il me stesso che vorrei essere? Come sono, come non sono, come vorrei essere, diventare. La casa è una macchina per abitare?  Ma cosa significa abitare? Mangiare, cucinare, dormire riporre? O anche fantasia, libertà, rispetto per se stesso, riconoscersi nei muri, negli spazi, nei colori, se stesso nelle prospettive, segreti, dimenticare quello che abbiamo lasciato fuori, che ci ha fatto soffrire,ricordare, fantasticare. Una macchina che contiene i miei sogni, la musica che preferisco, la vita che ci passo.

E’ un tipo strano L.C. Ha la passione per l’ordine, per la logica, per la matematica, la purezza, la funzionalità, ma nello stesso tempo è un sentimentale, non può fare a meno del passato, disegna colonne, l’Acropoli, la Torre di Pisa, ama i muri bianchi, fatti con le mani che ha scoperto nei suoi viaggi in Medio Oriente. La ceramica. E’ un uomo moderno che non è interessato all’eleganza, ama le cose un poco primitive, le materie antiche, il cemento facendolo apparire pietra, esterno ed interno non sono in armonia. Al contrario di Wright, che applicava nell’interno dei suoi lavori gli stessi materiali dell’esterno.

Mentre Niemeyer, Saarinen, Nervi, Candela si ispirano alla struttura e alla materia della struttura, dimenticando il colore, esaltando solo il colore della materia.

Chissà perché il colore ci spaventa tanto nel nostro tempo. Tutta l’architettura greca era colore e struttura architravata. Forse oggi siamo innamorati del tempo, il tempo che scolora, il  tempo che che rivela.

Nel kamasutra si fa spesso riferimento alla casa: bisogna vivere in una casa vicino ad un ruscello, circondati da un giardino, in modo da salvarsi con l’amore e la pigrizia, il silenzio, il profumo della terra, il letto deve essere fatto così, etc.

E anche nelle favole che ci raccontavano quando eravamo bambini spesso c’è  la casa, la casa di Pinocchio, la casa di Cappuccetto rosso, la casa dei tre porcellini, la casa dei Sette nani e Bianca Neve…

 Sono stato invitato ad un congresso di psicoanalisti e ad un certo punto ho sentito detto da uno dei conferenzieri un’affermazione che mi ha colpito:”E’ possibile trasformare un conflitto in armonia”. Io ne sono convinto, sono certo che l’armonia conquistata attraverso il conflitto sia la più bella, la più sorprendente. Il Duomo di Siracusa è  un’opera d’arte anche perché composta da stili, mentalità, culture in conflitto. Un tempio dorico avvolto da un’architettura barocca! Il primitivo e l’avventura, l’essenziale e l’eccesso. Un risultato indimenticabile.

E credetemi non c’è niente di male se all’inizio prendete ispirazione da un’idea,una realizzazione di un progettista che vi convince. E ancora  non è  uno scandalo supporre che fra di voi prossimi ingegneri, c’è uno, (solo uno?) che non è soltanto (la parola “soltanto” non mi è sfuggita)un ingegnere ma anche un artista. Io sono convinto che lo siamo tutti, non sappiamo dipingere, scolpire, eppure possiamo essere artisti, cuore, anima,entusiasmi possiamo  immaginare una casa come un’opera d’arte. Una scultura abitabile, entrare in uno spazio che è come entrare in  un quadro.

Se nel periodo greco sapevano fare solo architettura architravata oggi possiamo fare tutto. TUTTO. Coperture, strutture, forme, composizioni.

Siamo diversi tutti, pezzi unici.

Tutto può essere accettato così com’è e tutto può essere discutibile. Un signore guarda il cielo estatico, Dino Campana lo guarda anche lui e scrive:” Un infinito vuoto, un vuoto infinito”. Una Architettura può sembrare concretizzata da una roccia, come il Castello di Acicastello, e un’altra può essere puro artificio come la Ville Savoy.

Mentre preparavo questi appunti ad un certo punto mi sono chiesto:”Ma io , quando mi commissionavano una casa, io come mi sono comportato? Ho cercato di conoscere il cliente che mi stava davanti, cosa voleva, cosa gli era mancato”?  No, confesso di no.  Mi fermavo alle richieste: un soggiorno pranzo, tre stanze da letto, etc. e subito attaccavo a disegnare, schizzare, collaudare il progetto con plastici in cartoncino, avevo principalmente l’ambizione di fare Architettura. Chissà, forse il Dio di cui vi ho parlato all’inizio era questo, fare, tentare di fare architettura. E’ certo ad ogni modo, che se voi penserete di fare un progetto di una casa per voi, muoverete i vostri passi di progettisti con un valor aggiunto.

Sono certo che conseguentemente a quanto sto dicendo sorriderete increduli, magari anche con un poco di ironia. A dire la verità sorrido incredulo anch’io di me stesso. Ma ve lo dico lo stesso. Io sono convinto che una vita vissuta in una casa, lascia tracce, non soltanto le pareti scolorate dal tempo, negli scalini consumati dall’uso, la parete della cucina macchiata dal fuoco, un poco di ruggine, la vita lascia altre tracce, si sentono gli  anni passati lì dentro, le angosce, le tristezze le voci che non si sentono più che ci sono state, il pianto dei bambini, le voci, la vita del Dio che ha abitato lì  dentro, qualcosa di indicibile, come se l’aria di una casa abbandonata voglia dire qualcosa delle vite che si sono svolte lì dentro.

La mia casa parlerà di me, di come cucinavo, telefonavo, incontravo, scrivevo, e tutto questo, che si chiama vita  continuerà a parlare a chi non sa niente della vita che c’è stata.

Quando io non ci sarò più , io ora sono certo che qualcuno capirà, entrando, qualcuno sentirà quello che ho lasciato morendo: l’aria di quella che era la mia casa  piena di me di quella che è stata la mia vita.

Ci penso spesso, mi domando cosa  sarà di questa mia casa quando io non ci sarò più, cosa ne faranno? L’ho chiesto a mio figlio. Mio figlio mi ha risposto : la lasceremo così.

Continuo a fare viaggi, e continua ad ascoltare case (lo so che vi fa ridere). Ho visitato la casa di Dikens a Londra, la casa del Verga a Catania, la casa di Moravia a Roma, questa estate vorrei andare a Pescara per  visitare la casa di D’Annunzio, chissà potrei riuscire a capire perché ha vissuto la sua vita con tanta ingordigia.

Ecco quando progetteremo la nostra casa, non sarà solo una casa progettata da  un tecnico, da noi che sappiamo come progettarla, ma un contenitore che conterrà anni fatti di tante cose. Si chiama vita.

E poi perché la casa deve essere solo in casa? Perché non dobbiamo cercare di fare casa anche in una clinica, in una chiesa, in un giardino, in una bettola?

Appena laureato, pochi mesi  dopo, ho fatto un viaggio in Europa, autostop, pullman, treni etc. Ad un centinaio  di km da Amsterdam, almeno mi pare, ero a bordo di un camion, ho riconosciuto dalla strada, dalla parte dell’autista, un’architettura di cui avevo letto un servizio anche fotografico sulla rivista L’Architettura: una struttura abitativa, mi pare che il progettista si chiamasse Wan Eich? Per bambini, bambini orfani. Il progetto era condotto con l’intenzione che la struttura apparisse il più possibile casa, casa per bambini. I loro letti un poco più corti, le maniglie delle porte un poco più in basso,i soffitti un poco più bassi,  i tavoli del refettorio, lo spazio del tempo libero, i giochi all’aperto, stare insieme, incontrarsi, quasi un presepio, che facesse dimenticare la loro solitudine, copiando tutto quello che  all’immaginazione del bambino potesse ricordare la casa, che forse non avevano mai conosciuto, un assenza di amore sostituita.  

Spero che nessuno di voi abbia vissuto l’esperienza di un parente in un ospizio. E’ un’esperienza brutta. E tutti i vecchi ricoverati, non fanno altro che ricordare la loro casa,non fanno altro che dire “riportatemi a casa”.

So di alcuni ospizi che permettono di arredare la stanza in cui sono ospitati con arredi della loro casa, il letto, la poltrona, la lampada, lo scrittoio, in modo che la separazione dalla loro casa sia meno penosa.

 

Questa conversazione è stata tenuta nel Maggio 2017 nel corso di Architettura quarto anno del professore Sebastiano D'Urso. Facoltà di Ingegneria.